domenica 22 aprile 2018

Marvin Bagley, la faccia sbagliata del tweener

Marvin Bagley, la faccia sbagliata del tweener

Marvin Bagley è tra i migliori prospetti del prossimo draft, ma capirne il reale valore può essere complesso. Le sue qualità sono evidenti, così come le sue lacune. Quest’anno è stato leader di Duke per punti (21) e rimbalzi (11.1), ha chiuso con almeno 30 punti in 7 delle 33 gare stagionali e realizzato 22 doppie-doppie, incluso un incredibile 32+21. Numeri da capogiro che, oltre a essergli valsi qualche record, gli hanno regalato la doppia nomina di giocatore e freshman dell’anno nella ACC e l’inserimento nel quintetto All-America della Associated Press. La taglia, l’atletismo e lo skill-set offensivo ne fanno un oggetto del desiderio per tante franchigie in ricostruzione.


venerdì 20 aprile 2018

L'incredibile storia del pivot della Scandone che in Libia rischiò di venire giustiziato

Il tormento e l'estasi. L'incredibile storia del pivot della Scandone
che in Libia rischiò di venire giustiziato

Il lungo viaggio di Shane Lawal

Le esperienze della vita lo hanno forgiato: via dalla Nigeria, solo con la sorellina, ad appena otto anni. Poi in giro per il mondo fino all'approdo a Sassari nell'anno del "triplete"


di Giovanni Bocciero*



AVELLINO. «Non sottovalutare te stesso nel confronto con gli altri. Sono le differenze che ci rendono belli». Questo aforisma in parte rispecchia quello che è Olaseni Abdul Jelili Lawal, meglio conosciuto come Shane Lawal, un atleta non sempre considerato di alto livello e che ha dovuto faticare per ogni cosa che è riuscito a vincere nella sua carriera. Con il duro lavoro, certo, ma anche con i trascorsi di vita quotidiana che lo hanno fortificato a tal punto da non temere nessun confronto sul parquet. Appunto.
LASCIO' IL FOOTBALL PER LO SPORT DI OLAJUWON,
IL SUO MITO: "MI HA ISPIRATO AL PUNTO CHE CERCO
ANCORA DI IMITARLO" (FOTO SPORTAVELLINO.IT)
Pivot nigeriano di 208 centimetri, nato ad Abeokuta nel 1986 ma statunitense d’adozione, nella sua vita ha affrontato diversi viaggi molto particolari. Il primo quando aveva appena otto anni, con la madre che era emigrata negli Stati Uniti per trovare lavoro. Un anno dopo, una volta che si era sistemata, Shane l’ha raggiunta. «Era il 1995 - ha ricordato Lawal - ed ho affrontato quel viaggio insieme a mia sorella. Partimmo dalla Nigeria ed arrivammo ad Amsterdam, poi da Amsterdam dritto ad Atlanta. Arrivati lì ci siamo stabiliti prima a Mobile, in Alabama, poi ci siamo trasferiti a Southfield, nel Michigan». Di certo non il miglior posto dove crescere. Stando negli Stati Uniti studia e inizia a praticare sport, dà prima il football poi si converte alla pallacanestro. «Ho iniziato a giocare a basket nel 1996 perché mi innamorai di Hakeem Olajuwon, che ho guardato vincere i titoli Nba negli anni precedenti. Prima ho giocato a football, che è uno sport completamente diverso, ma il pivot degli Houston Rockets mi ha ispirato così tanto che ancora oggi, quando gioco, cerco di imitarlo». Del centro Hall of Famer ha sicuramente la statura fisica e la capacità di dominare sotto canestro. Una volta terminato il liceo, ha frequentato prima l’Oakland University per tre anni, poi ha completato gli studi alla Wayne State. Negli anni del college ha messo in mostra le sue abilità di saltatore verticale, che lo hanno reso un giocatore davvero intimidatore sopra al ferro per le numerose schiacciate e le altrettante stoppate. «Certamente la schiacciata è un aspetto del gioco che amo perché quando ti alzi per infilare il pallone nel canestro ti senti invincibile. E poi è una bella sensazione anche quando stoppi il tiro di un avversario». Ha così frantumato un po’ di record alla Wayne State realizzando la prima tripla-doppia nella storia dell’università grazie alla prestazione da 19 punti, 11 rimbalzi e 10 stoppate che realizzò contro Michigan Tech. C’è da sapere che nel passaggio da Oakland a Wayne si trasferì da un college di Division I ad uno di Division II, cosa insolita visto che si tende a fare l’opposto. «È vero che spesso accade il contrario - ha confermato il giocatore - ma questa mia scelta è stata dettata dal fatto che nella prima categoria non ho avuto le giuste opportunità per mettermi in mostra». Qui si capisce che la carriera di Lawal è tutta in salita visto che una volta terminata l’università (conseguendo la laurea in scienze motorie, ndr) ha giocato solo in campionati di basso livello.
DOPO IL COLLEGE HA GIOCATO IN QATAR, IN SPAGNA
E POI IN LIBIA NELL'ANNO DELLA RIVOLTA
CONTRO GHEDDAFI: "LI' DECISI DI SMETTERE"

(FOTO SPORTAVELLINO.IT)
La sua prima esperienza da professionista lo vede impegnato in Qatar con l’Al-Arabi Doha, poi va a giocare al Guadalajara nella terza serie spagnola e successivamente all’Al-Hilal Bengasi in Libia. Quando è a giocare lì diventa suo malgrado protagonista della Primavera Araba. A causa dello scoppio della guerra civile per destituire Muhammar Gheddafi infatti, lui ed il compagno di squadra Kingsley Oguchi si ritrovano reclusi in hotel per dieci giorni senza alcun modo per comunicare e con la paura di essere giustiziati perché scambiati per dei mercenari africani. «Quello fu un momento molto particolare della mia vita. Non potendo telefonare ero preoccupato per la mia famiglia e per mia madre che era in apprensione per me. Ebbi tempo per riflettere anche sulla mia carriera sportiva, perché sentivo che non stava andando nel verso giusto, dove io speravo andasse». Lawal ha infatti pensato di appendere le scarpette al chiodo dopo quella brutta esperienza che lo vide scappare dalla Libia grazie all’intercessione dell’Ambasciata statunitense e all’esercito britannico che lo mise su di una barca che lo portò a Malta. Da lì si spostò velocemente in Egitto ed in Turchia dove prese il primo volo per New York. Senza voler fare alcuna dietrologia, quella sua esperienza è molto simile a ciò che vivono i profughi che ogni giorno scappano dall’Africa per trovare una vita migliore in Europa. Per questo gli abbiamo chiesto cosa pensa dei continui sbarchi? «Penso che se gli europei non avessero voluto avere gli africani nel proprio continente non sarebbero mai dovuti andare in Africa a rubare le preziose risorse del nostro territorio. Questo ha reso povera l’Africa portando alla situazione che i propri abitanti sono costretti ad emigrare per vivere. L’Africa era uno dei continenti più ricchi al mondo, ma dopo lo sfruttamento europeo i suoi abitanti sono stati lasciati a morire di fame e adesso vogliono soltanto sopravvivere».
UN GIUDIZIO SEVERO SUL FENOMENO DEI MIGRANTI:
"PER EVITARE GLI AFRICANI IN EUROPA, GLI EUROPEI
NON AVREBBERO DOVUTO SACCHEGGIARE L'AFRICA"
Pure se pensò di ritirarsi, passato un breve periodo tornò a giocare. Questa decisione fu dettata dalla fede. «Sono molto cristiano, e credo che tutto è possibile grazie a Dio. La fede è una parte importante della nostra vita, ma bisogna avere fiducia e perseverare in ciò che si fa. Quella esperienza mi ha reso più forte - ha rivelato il cestista -, e sono grato di essermi fermato per un po’. Conosco ragazzi che per delle avversità minori hanno smesso di giocare. So quanto si deve lavorare per ottenere qualcosa, ed io non volevo fermarmi». Dopotutto non ci si poteva aspettare una cosa diversa da chi considera gli allenamenti quasi un hobby. «Non sono una persona che gioca ai videogames, mi piace navigare in internet e uso parecchio i social, sia Instagram che Facebook. Cerco però di tenerli separati tra di loro, ad esempio Instagram lo utilizzo più per il mondo del basket, mentre su Facebook ho principalmente i membri della mia famiglia con i quali comunico costantemente. E poi mi piace allenarmi duramente in estate con tutta una serie di workout. Lo so, sono una persona folle». Se c’è una cosa folle in questo periodo, è la March Madness (lo scorso 2 aprile si è giocata la finale, ndr), tifa per qualcuno? «Ovviamente Michigan, ho studiato un anno lì e sono un loro grande fan».
Nel 2011 torna a giocare prima in seconda serie spagnola con il Clavijo, poi in A2 con la Scaligera Verona. Disputò una stagione da 15 punti e 13 rimbalzi di media, che comunque non lo fece attestare come uno dei migliori giocatori del campionato dagli addetti ai lavori. Questo giusto per precisare, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto venisse sottovalutato Lawal. Quella stagione gli valse comunque la chiamata di Matteo Boniciolli che allenava il club kazako dell’Astana. Tempo dodici mesi nei quali vinse il campionato e la coppa del Kazakistan, oltre a disputare la VTB League, e fa ritorno in Italia: lo ingaggia la Dinamo Sassari. La stagione 2014/15 è quella della consacrazione. Lawal in Sardegna si erge come uno dei centri più forti in circolazione, non solo in Italia ma in tutta Europa. È grande protagonista dello storico triplete che contro ogni pronostico vede Sassari vincere la Supercoppa sul parquet di casa contro l’Olimpia Milano; ripetersi a febbraio conquistando la Coppa Italia nella finale del PalaDesio superando ancora una volta le “scarpette rosse”; e poi farsi strada ai playoff scudetto vincendo le decisive gara-7 al Forum di Assago in semifinale contro Milano, e al PalaBigi contro Reggio Emilia che valse il tricolore. Cosa ricorda di quella meravigliosa stagione? «Innanzitutto coach Meo Sacchetti è un pazzo, nel senso buono del termine. Ciò che ho apprezzato di più in lui è stato il fatto che non cercava di cambiare il modo di giocare degli atleti, ma ci accettava per quello che eravamo e ci incoraggiava a rimanere noi stessi. In quella stagione ci motivava il fatto di non essere mai i favoriti. Ci dicevano che non avremmo potuto vincere contro Milano, e invece lo abbiamo fatto. Quando abbiamo vinto la Supercoppa ci dicevano che era soltanto la Supercoppa, poi però abbiamo vinto anche il campionato. Tutti sono rimasti increduli per quello che siamo stati capaci di realizzare».
BONICIOLLI LO VOLLE CON SE' IN KAZAKISTAN E POI CI FU
LA CHIAMATA DI SACCHETTI: "A SASSARI HO DIMOSTRATO
QUELLO CHE VALEVO. ED ORA LO SCUDETTO CON AVELLINO"
Grazie a quella incredibile annata i top club si sono accorti di Shane Lawal, e così è arrivata l’offerta da parte del Barcellona, che rappresentava una grande occasione. Purtroppo il ragazzo è stato sfortunato con la casacca blaugrana per via di una serie di infortuni tra cui quello che lo ha visto operarsi per la rottura completa del tendine rotuleo. Tra l’altro infortunio subito con la Nigeria alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016 dopo essere diventato campione d’Africa con la sua nazionale. Dopo quasi un anno dall’intervento, e visti i lunghi tempi di recupero, il Barcellona ha deciso di rescindere il contratto con il giocatore rendendolo free-agent nella scorsa estate. Per tornare a brillare aveva scelto ancora una volta l’Italia, e sembrava tutto fatto con la Virtus Bologna che poi, invece, ha fatto saltare l’affare per le sue dubbie condizioni fisiche. Ne ha allora approfittato la Scandone Avellino che ha ufficializzato il suo ingaggio pur consapevole di dover aspettare il 2018 per vederlo in campo. Adesso Lawal è tornato a calcare il parquet, e spera proprio di non fermarsi più. «Spero che possa tornare a giocare al mio livello così da portare il mio contributo alla causa di Avellino. Credo che abbiamo grandi chance di vincere il campionato, ed è importante che tutti possano contare sulla miglior condizione fisica possibile. Sarà altresì importante riuscire ad allenarsi bene tutti insieme quando arriveranno i playoff e si giocherà ogni due giorni».
In passato Lawal ha anche annusato la Nba: «Ci ho pensato, ed ho anche avuto un’opportunità quando ero al college, ma purtroppo non ha funzionato. Pazienza». Mentre per il futuro invece? «Dopo aver smesso di giocare il mio obiettivo è quello di allenare, specialmente i più giovani».

Brian Sacchetti: «Tanta voglia di essere il migliore»

«Con Shane ogni allenamento era una storia, partite comprese ovviamente - ha esordito l’ex compagno di squadra Brian Sacchetti -. Ogni giorno che passavamo insieme diventava una storia da raccontare. Sicuramente nella squadra della Dinamo Sassari di quell’anno era il giocatore che più di chiunque altro dimostrò di avere tanta fame e più voglia di vincere. Aveva un forte spirito di competizione che non faceva mai mancare neppure in allenamento, e per tutto l’arco della stagione ha dato il massimo. Metteva sempre grande aggressività in tutto ciò che faceva, ed aveva l’obiettivo di dimostrare di essere il migliore e di valere tutto ciò che vincemmo quell’anno. Nello spogliatoio non parlava molto della sua infanzia, e se anche lo fece non ricordo nulla di particolare. Riguardo allo Shane persona, fuori dal campo, mi colpiva soprattutto il fatto che aveva sempre una parola per tutti, per motivarli ed incoraggiarli nella vita di tutti i giorni. E poi ai compagni li spronava a dare sempre il meglio. Ricordo che quando iniziammo i playoff aveva gli occhi infuocati, e voleva dimostrare a chiunque di essere il miglior centro in circolazione. Per me è stato il giocatore che, grazie al suo essere, ci ha portato a vincere più di tutti quello storico triplete. Dopo quella stagione trascorsa insieme a Sassari ci siamo sentiti più volte, anche quando era a Barcellona. Addirittura nella trasferta di quest’anno ad Avellino - ha rivelato l’ala oggi in forza alla Leonessa Brescia - è venuto in hotel ed abbiamo scambiato due parole ricordando diverse cose del passato. È sempre un piacere rivedere un ragazzo che ha fatto del lavoro duro in palestra il suo principale obiettivo per dimostrare di essere un giocatore importante ovunque va. L’infortunio lo ha condizionato negli ultimi anni, ma da ex compagno e soprattutto amico spero che ritorni al cento per cento della forma fisica perché è un ragazzo che innanzitutto lo merita, e poi sportivamente parlando - ha concluso Sacchetti - può essere un’arma incredibile per qualsiasi squadra che ha la fortuna di poterlo schierare».




* per il mensile BASKET MAGAZINE